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Giovanni Savino, ex studente del Fermi e professore universitario di Storia: “I docenti del Liceo mi hanno insegnato ad essere curioso”

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di Lucia Campochiaro

Giovanni Savino, storico, si occupa di nazionalismo russo nel XX secolo e delle rappresentazioni del passato nella Russia di oggi. Ha insegnato all’Accademia presidenziale russa, all’Università finanziaria e all’Università pedagogica della città di Mosca, realtà che ha lasciato a causa della sua posizione contro la guerra in Ucraina. Dopo aver insegnato all’Università di Parma, attualmente lavora all’Università di Napoli Federico II. Il professore Savino, ospite del Liceo Scientifico “Enrico Fermi”, di cui è stato studente, ci ha concesso gentilmente un’intervista.

Cosa le ha lasciato questa scuola?

“Innanzitutto gli amici, sono trascorsi ventitré anni dal momento in cui mi sono diplomato e abbiamo tutt’oggi una chat WhatsApp dove ci sentiamo e questo è molto importante. La seconda cosa è il fatto di avere avuto dei docenti molto preparati che mi hanno insegnato soprattutto a essere curioso verso il mondo; io studio storia della Russia e ho vissuto per molti anni lì, chiaramente senza avere quella curiosità sarebbe stato molto difficile. Credo che questi siano gli insegnamenti che mi ha lasciato il Fermi”.

Ci può parlare della sua esperienza in Russia?

“Sono laureato in Storia dell’Europa orientale e poi ho conseguito il dottorato in Storia della Russia. Ho studiato all’Università statale di San Pietroburgo e successivamente sono stato all’Istituto di Storia dell’Accademia russa delle scienze. Era naturale che mi trasferissi in Russia dove ho insegnato Storia contemporanea a Mosca in vari Atenei, tra cui “l’Accademia Presenza”. La Russia, oltre alla famiglia e quattro bellissimi cani, mi ha lasciato, dopo che ci ho vissuto per ben quindici anni, una serie di valori personali: l’apertura verso l’altro e la possibilità di immergervi in una nuova cultura. Ho sempre provato a girare, capire e integrarmi a essere parte della società russa”.

Le differenze con l’Italia?

“Un patrimonio culturale enorme, rispetto a quello che invece abbiamo qui. Come dicevo prima per me è sempre una gioia ritornare al Liceo Fermi, però non posso dimenticare che noi abbiamo studiato nel momento peggiore di questa scuola e in un territorio difficile. Un giorno in questa scala dove stiamo facendo l’intervista, per esempio, esplose una bomba carta. Ecco, Mosca è un luogo in cui si respira cultura o per meglio dire si respirava, dato che adesso con la guerra è tutto diverso. Ci sono teatri, biblioteche, decine di spazi per i giovani e questo è molto bello perché fa capire che si può vivere anche in un altro modo rispetto a quello che ci offre il nostro territorio. Quindi viaggiare, vivere in un altro Paese permette di avere una visione differente della terra da cui proveniamo”.

Adesso di cosa si occupa?

“Mi occupo sempre di storia della Russia, sono docente presso il Dipartimento di studi umanistici della Federico II, dove mi sono laureato, e inoltre ho anche un canale Telegram: ‘Russia e altre sciocchezze’ in cui tratto argomenti di cui è facile capire il senso già dal titolo della rubrica. In più scrivo soprattutto per ‘Valigia blu’, ovvero uno dei principali portali italiani di notizie su e per il mondo. Ho, infine, quattro fantastici cani con cui passo molto tempo insieme”.

Come mai scelse proprio la Russia?

“Avevo sempre avuto una curiosità, dovuta anche al fatto che mio nonno è stato prigioniero in un campo di concentramento nazista ed è stato liberato il 7 marzo del 1945 dai soldati sovietici. Quindi in un certo senso la mia famiglia ha un legame con quella terra. Un altro motivo è la mia passione per la letteratura russa. Andando lì, poi, mi ha colpito particolarmente l’estensione degli spazi; fino a qualche anno fa nessuno ci sapeva dire a quanti chilometri fossero distanti le case, ma si sapeva solo quante ore o giorni ci volevano in treno per arrivare da un punto all’altro”.