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LA TECNOLOGIA AMICA-NEMICA DELL’UOMO?

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Sicuramente i più grandi ricorderanno il grammofono, unico mezzo per ascoltare musica fino alla fine degli anni ’80 quando è stato soppiantato dal giradischi e, negli anni ’90, dal CD. Per non parlare della rubrica: tempo addietro la nonna cercava i numeri di telefono su un tomo enorme che li catalogava per cognome. Al giorno d’oggi molte altre abitudini sono cadute in disuso perché c’è chi, con un semplice gesto, le fa per noi. Si tratta di una scatola lunga circa 13cm e larga circa 6: prima lo chiamavano telefono, oggi si chiama smartphone. In inglese “smart” significa “intelligente” ed è proprio ciò di cui i nostri cellulari sono stati dotati, un cervello che, con un click o anche meno, ci rende multitasking, ossia capaci di fare sempre più cose contemporaneamente. Recenti studi hanno infatti dimostrato che, grazie a queste menti artificiali, si passa da un’attività all’altra in 20 secondi e non spendiamo mai più di 20 minuti focalizzati sullo stesso soggetto. Ormai il telefono è diventato un elemento imprescindibile per ognuno di noi e organizziamo tutta la nostra vita in sua funzione: contiene tutti i nostri contatti, impegni e, talvolta, anche i nostri ricordi. 

 Non c’è dubbio sul fatto che sia una delle invenzioni più utili dell’ultimo decennio ma a volte viene da chiedersi quale sia l’altra faccia della medaglia.

Si pensi ai giovani, la loro vita è monopolizzata dal web cui possono accedere in meno di 3 secondi e ottenere le più disparate notizie. Instagram, Facebook, Tik Tok, Photoshop… questi sono solo alcuni dei nomi che hanno sostituito il più comune “diario” che molti ragazzi, ormai adulti, hanno gelosamente custodito. L’unica differenza è che il diario classico era solitamente segreto e ci si augurava sempre che nessuno ne venisse a conoscenza. Oggi accade il contrario: un sempre maggiore numero di lettori causa una sempre maggiore popolarità e così la nascita di nuove figure lavorative, gli influencer. Qualcuno li ha definiti come “i successori dei critici letterari”; il Papa ha invece affermato che “anche Maria era influencer de Dios”. Ma cosa fanno davvero? Raccontano la loro vita come una serie tv che si aggiorna post per post e si pongono come modelli per i loro seguaci, più comunemente conosciuti come “followers”. Avere un idolo non è mai stata una cosa negativa e avere un maggiordomo tuttofare sarebbe sicuramente stato il sogno di un uomo “vecchio stampo” ma nel 2019 la situazione sta un po’ sfuggendo di mano. Si è ormai così condizionati da queste intelligenze artificiali: a loro si affida qualsiasi compito, anche il più banale. Con il passare degli anni e l’evoluzione dei cellulari si è persa di vista la vera essenza delle cose con una conseguente alienazione degli individui di tutte le età. Se ci si riflette bene, ad un concerto si vedono più telefoni che striscioni, perché un tramonto si pensa più a pubblicarlo su Instagram che a guardarlo realmente, perché vale molto di più il numero di like sotto a una foto piuttosto che un vero complimento e perché si sorride più ad uno schermo che ad un viso. Il filosofo danese Kierkegaard diceva “Le cose più belle e importanti della vita non vanno ascoltate, lette o viste, vanno vissute.” Ogni tanto bisognerebbe silenziare il telefono e alzare il volume della vita vera per chiedersi: ci ricordiamo di che colore è il cielo senza i filtri di Photoshop?